Perché oggi, più che mai, parliamo di problemi relazionali
Viviamo immersi nelle relazioni: familiari, sentimentali, amicali, lavorative. È attraverso le relazioni che costruiamo il nostro senso di identità, ci sentiamo visti, accolti, oppure – al contrario – ignorati, feriti, giudicati. Non c’è esperienza umana che non sia, in qualche misura, relazionale.
Eppure, mai come oggi, molte persone arrivano in terapia portando un nodo centrale e spesso difficile da sciogliere: i problemi nelle relazioni con gli altri.
Litigi che si ripetono sempre uguali, legami che si trasformano in dipendenze affettive, dinamiche tossiche da cui non si riesce a uscire, isolamento, difficoltà a comunicare, paura dell’intimità o, all’opposto, bisogno eccessivo dell’altro. Tutti segnali di un disagio relazionale che può diventare tanto sofferente da compromettere la qualità della vita.
Se ti sei mai sentito bloccato in una relazione che non riesci a cambiare, se ti capita di ripetere gli stessi schemi anche con persone diverse, o se ti accorgi di allontanarti per proteggerti, questo articolo potrebbe offrire nuove chiavi di lettura.
Perché le relazioni diventano disfunzionali (anche se non vorremmo)
Una delle verità più difficili da accettare è che non sempre le buone intenzioni portano a buoni risultati. Anzi, nelle relazioni problematiche, è spesso proprio ciò che facciamo per sistemare la situazione che finisce per complicarla ancora di più.
Ecco alcuni esempi di tentate soluzioni disfunzionali che la psicoterapia breve strategica ha individuato nel trattamento dei problemi relazionali:
Cercare di spiegare troppo
Quando un conflitto nasce, una delle risposte più comuni è cercare di chiarire, spiegare, analizzare. Ma l'eccesso di spiegazioni, soprattutto se ripetuto, non produce comprensione, bensì stanchezza, chiusura, resistenza. Non è raro che due persone, pur parlando per ore, si sentano sempre meno capite.
Cedere per evitare lo scontro
Molte persone, nel tentativo di mantenere l’armonia, tendono a evitare il conflitto a ogni costo, arrivando a negare i propri bisogni, emozioni e opinioni. Ma questo “evitamento relazionale” produce un effetto boomerang: si accumula frustrazione, si perde autenticità, e prima o poi la relazione implode.
Controllare l’altro per sentirsi al sicuro
La paura di essere abbandonati, traditi, o delusi può generare tentativi più o meno espliciti di controllo: chiedere conferme continue, imporre regole, monitorare comportamenti. Ma più si cerca di trattenere l’altro, più lo si allontana.
Rinforzare la distanza per proteggersi
All’estremo opposto c’è chi, per paura del dolore o della dipendenza, costruisce barriere: freddezza emotiva, autosufficienza ostentata, razionalizzazione. Ma proteggersi troppo significa anche non lasciarsi mai davvero toccare.
Queste modalità, che nel breve sembrano “funzionare”, nel lungo termine generano stallo, ripetizione, sofferenza.
Come è possibile uscire dai blocchi relazionali?
Una delle frasi centrali della terapia breve strategica è:
"Se continui a fare ciò che hai sempre fatto, otterrai ciò che hai sempre ottenuto."
Quando una persona arriva in terapia portando un problema relazionale, l'obiettivo non è capire perché la relazione non funziona, ma come funziona il problema nella sua struttura attuale. In altre parole, non ci interessa tanto scavare nel passato, ma osservare quali comportamenti e dinamiche lo alimentano oggi.
Ed è proprio qui che l’approccio strategico si differenzia da altri modelli terapeutici: non si tratta di analizzare, ma di intervenire sul ciclo del problema, introducendo cambiamenti concreti, spesso controintuitivi, che sbloccano la situazione.
Bibliografia
- Beck, J. S. (2011). Cognitive Behavior Therapy: Basics and Beyond. Guilford Press.
- Fosha, D., Siegel, D. J., & Solomon, M. F. (Eds.). (2019). The Healing Power of Emotion: Affective Neuroscience, Development & Clinical Practice. Norton Series on Interpersonal Neurobiology.